Bin ëvnù ant la wiki piemontèisa!

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Qualsëssìa ròba ò anformassion che a-j fasèissa da manca, che as fasa pura gnun problema a contaté j'aministrador, che i soma ambelessì a pòsta. Mersì e bon travaj! -- Dragonòt 13:27, 14 Dze 2010 (UTC)

Thank you!

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Thank you very much for you work! Can I help you? -- Dragonòt 21:39, 14 Dze 2010 (UTC)

Italian version

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Testo di verifica
Verificate, e scoprirete che... avete imparato a leggere!

Verificate se adesso siete capaci di leggere questo. Se ce l'avete fatta, significa che non siete più analfabeti, e la differenza tra

CÒL dla camisa ,
COL che a së s-ciàira e
CUL ëd la bota
adesso la conoscete anche per scritto (dato che nella vita la conoscevate molto prima di leggervi questo).

Complimenti e buon proseguimento!

Gli accenti

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Adesso che non abbiamo più problemi a leggere il piemontese, possiamo andare aventi a imparare le piccole finezze della nostra lingua scritta, mentre parliamo la nostra lingua. Cominciamo dagli accenti. Una spiegazione più completa e chiara può essere trovata nella "Grammatica Piemontese" di "Camillo Brero", ne "Il Piemontese in tasca", curato da Francesco Rubat Borel, Mauro Tosco e Vera Bertolino, e in vari altri testi di riferimento.

Normalmente, una parola senza nessun accento segnato si legge con l'accento tonico:

sull'ultima sillaba se finisce in consonante (esempio: Piemont);
sulla penultima sillaba se finisce in vocale (esempio: camisa).
L'accento di solito non è segnato sulle parole con una sillaba sola, tranne per differenziarle da parole omofone (esempio: chiel a dà).

In tutti gli altri casi l'accento è scritto per regola.
L'eccezione più delicata riguarda i dittonghi:

bisogna scrivere l'accento sui dittonghi discendenti in sillaba tonica: fàit, pàuta, turinèis, sùita;
bisogna segnare l'accento sulle parole che finiscono in ia o ua (e derivati) quando queste sequenze vocaliche non costituiscono dittongo e l'accento tonico cade sulla i o sulla u: lëssìa, chërsùa;
quando queste sequenze vocaliche finali costituiscono un dittongo e quindi l'accento non cade sulla i o sulla u ma sulla sillaba che precede, l'accento non si segna: cassia, pëssia, Pasqua.
Nota che, tranne le parole che terminano in ia o ua, in pratica uno può usare la regola seguente:

quando la parola termina con una consonante, si mette l'accento a meno che questo cada sull'ultima vocale;
quando la parola termina con una vocale, si mette l'accento a meno che questo cada sulla penultima vocale.

Gli articoli

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In piemontese gli articoli sono:

Articolo definito

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Maschile singolare: ël can, l' amis, lë student;
Maschile plurale: ij can, j' amis, jë student.
Femminile singolare: la crava, l' avija;
Femminile plurale: le crave, j' avije.
C'è poi una forma eufonica dell'articolo definito femminile plurale. Ne prendiamo di getto una descrizione da un articolo nella rubrica "Precisioni e finezze della nostra lingua" pubblicata nel giornale "Piemontèis ancheuj (Piemonte oggi)": "[...] Un'altra finezza della nostra lingua è quella di usare (in certe posizioni nella frase) l'articolo femminile plurale 'je' ('e' aperta più che semimuta) al posto di 'le' davanti alle parole che iniziano per 's' impura e consonante doppia (così come succede col maschile). Così si può scrivere: 'ant je stagere, an sje spale' al posto di 'ant le stagere, an sle spale', mentre si deve sempre usare, come soggetto, 'le stagere, le spale' e così via. E' corretto far notare che la forma 'je' non si usa quando fosse causa di cacofonia. Così si dirà e si scriverà 'a l'ha voltaje le spale' e non 'a l'ha voltaje je spale'; si dirà e si scriverà 'bauleje a le stèile' e non 'bauleje a je stèile' [...]

Articolo indefinito

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Maschile: un can (pronuncia: ën can), n' amis, në student.
Femminile: na crava, n'avija.
Al plurale, l'articolo indefinito è sostituito dal partitivo:
dij can, dj' amis, djë student, dle crave, dj' avije.

Le preposizioni

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In piemontese le preposizioni principali sono: a, an, con, da, ëd, për, su, tra.
Quando un articolo segue una preposizione, a volte i due rimangono oggetti sintattici separati: 'i vad da la sartòira'.
Altre volte, si fondono in una forma particolare:

a + ël = al
a + ij = ai
da + ël = dal
da + l' = d'l', ma più sovente si tiene staccato: da l'
da + lë = d'lë, ma più sovente si tiene staccato: da lë
da + la = d'la, ma più sovente si tiene staccato: da la
da + ij = dai
da + jë = d'jë, ma più sovente si tiene staccato: da jë
da + le = d'le, ma più sovente si tiene staccato: da le
ëd + ël = dël
ëd + l' = dl' (oppure si può tenere staccato: ëd l')
ëd + lë = dlë (oppure si può tenere staccato: ëd lë)
ëd + la = dla (oppure si può tenere staccato: ëd la)
ëd + ij = dij
ëd + jë = djë (oppure si può tenere staccato: ëd jë)
ëd + le = dle (opure as peul ten-e dëstacà: ëd le)
su + ël = sël
su + l' = sl'
su + lë = slë
su + la = sla
su + ij = sij
su + jë = sjë
su + le = sle
Tuttavia, le preposizioni articolate che si formano son 'su' sono quasi sempre precedute dalla preposizione 'an': an sël pra; an sla tàula; an sl'euv; an sij fium.

La preposizione 'an', quando articolata, diventa 'ant': an përzon, ma 'ant la përzon'.

La preposizione 'ëd' serve per formare il partitivo; il verbo essere con soggetto partitivo si usa al singolare: a-i é ëd përson-e.

Re:there were a few things I just could not understand.

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> Please take a look - maybe we can work them out together?

Yes, of course. I didn't find untraslated sentences, could you highlight to me the sentences you didn't understand ? Tnx, --Dragonòt 10:34, 24 Dze 2010 (UTC)