Wikipedia:Lese ël piemontèis
Non è mai troppo tardi
Queste note sono per quei milioni di madrelingua piemontesi, che non hanno avuto istruzione formale nella propria lingua madre. Secondo recenti studi si stima che circa il 98% dei madrelingua piemontesi sia analfabeta rispetto alla propria lingua.
Come in ogni lingua, l'analfabetismo è diffuso soprattutto tra le classi inferiori, analfabeta rispetto alla propria lingua, essendo le persone in grado di leggere e scrivere il piemontese quasi tutte di classe, reddito ed istruzione elevate. Uno degli scopi principali di questa opera é il diffondere la capacità di leggere e scrivere, e l'abituare la popolazione piemontese al multilinguismo, alle soglie della prossima rivoluzione linguistica, quella che sta già imponendo l'inglese come lingua tecnica e fondamentale qualifica lavorativa.
Per quanto una certa pigrizia mentale abbia spesso cercato di giustificare l'analfabetismo classificando la lingua come dialetto e nascondendosi dietro a scuse di rispetto inter-etnico per imporre il monopolio dell'italiano (e con esso il disprezzo verso le lingue degli immigrati), oggi é importante abituarsi ad usare più lingue in simultanea, se non si vuole che presto sia proprio l'italiano a subire quelle stesse ghettizzazioni e squalifiche che in passato hanno indebolito le lingue locali.
Infatti, chi attacca i cosiddetti dialetti, in realtà mina il futuro della stessa lingua di stato. I primi sintomi già sono molto evidenti, se appena contate la quantità di parole importate dall'inglese, e di cui spesso non ci sarebbe necessità alcuna (in che cosa esattamente un manager non sarebbe un dirigente?). L'italiano sta sempre più perdendo il proprio valore e sta iniziando a ricevere un certo disprezzo, immeritato quanto quello che a suo tempo ebbero le lingue locali, ed altrettanto distruttivo. Sta infatti irreparabilmente scivolando verso lo status di lingua professionalmente inutile (non c'e' disciplina tecnica o di servizio che abbia altra lingua che l'inglese) ed esclusa dall'insegnamento che dà accesso a redditi elevati (i corsi di master del Politecnico di Torino, come del resto suggerito dal loro stesso nome, sono ormai integralmente erogati in lingua inglese). E non siamo che all'inizio.
Si tratta di processi dettati dal potere di una lingua inglese ormai assunta al ruolo di lingua internazionale, processi che nessuno può fermare a colpi di legge.
Ai ritmi correnti per salvare l'italiano e le lingue locali restano non più di due generazioni. La velocità di diffusione dell'inglese é infatti vertiginosamente aumentata da internet e dal lavoro tecnologico ed il processo di annichilazione dell'italiano, se non gestito, non durerà che pochi decenni. L'unico provvedimento possibile é proprio quello di preparare la popolazione italiana ad usare più di una lingua, dando ad ognuna di esse pari dignità e rispetto.
Infatti, il rispetto che i bambini di oggi imparano verso le lingue deboli, sarà lo stesso rispetto che trasleranno ad un italiano irrimediabilmente indebolito tra appena pochi decenni. Se questo rispetto avrà trovato posto nell'educazione dei bambini, l'inglese avanzerà sì comunque, ma in un territorio umano pronto a considerarlo non tanto la lingua, quanto più semplicemente una lingua come le altre, per alcune cose più pratica. E l'unico modo per farlo bene ed in fretta é utilizzare le lingue locali, che sono pronte ad essere usate e niente affatto scomparse.
Per fortuna é un provvedimento di semplice attuazione, persino usando appena le forze di gruppi di volontari. Infatti, imparare a leggere la propria lingua é facile. Ogni parola che imparate a leggere e a scrivere in piemontese (o pugliese, napoletano, lombardo, veneto, siciliano, emiliano o lingua di immigrati stranieri che sia) é dunque un mattone che aggiungete a rinforzo dell'ultimo muro di difesa dell'italiano. Non si tratta di questioni politiche o etniche, ma di pura e semplice esperienza storica. Una lingua che non sa accettare convivenze non può che andare allo scontro, ma scontrarsi con l'inglese, oggi, significa morte certa. Meglio imparare a convivere con tutti e restare vivi, no?
Bene, chiarito lo scopo dell'operazione, passiamo a lavorare. La maniera migliore di imparare a leggere è però... leggere! Qui si può trovare una lista (assolutamente non esaustiva) della produzione libraria in lingua piemontese.
L'alfabeto piemontese
Come qualsiasi altra lingua anche il piemontese ha i suoi suoni caratteristici ed il suo alfabeto, che é un insieme di segni che trascrive quei suoni. In questa pagina troverete solo pochi punti fondamentali attinenti alla corretta pronuncia della lingua. Al momento la wikipedia piemontese non ha ancora pronta un'edizione in linea della grammatica piemontese, ma esiste già almeno un altro sito che affronta questo problema. Per evitare di moltiplicare all'infinito gli standard ne riprendiamo i sistemi di rappresentazione fonetica e gli stessi esempi di pronunce analoghe in altre lingue.
Segno | Codifica Fonetica come da convenzione IPA |
Note esplicative | |||||||||||||||||
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A |
a (, ɒ) |
Lettera A. Indica un suono A paragonabile a quello italiano, ma va ricordato che la A tonica (quella su cui cade l'accento in pronuncia) può deviare verso la Ò, con intensità variabile a seconda della provenienza geografica del parlante nativo. Quando é necessario accentarla, la A tonica si scrive À.
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E |
e, ɛ |
Lettera E. Da un suono E più stretto che in italiano, approssimativamente come in cena. Quando é necessario accentarla, la E tonica si scrive É. Per la seconda corrispondenza fonetica veda segno È.
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È |
ɛ |
Versione diversamente accentata della lettera E tonica. Indica un suono E larga, simile alla pronuncia inglese di and ed a quella francese di seize. Spesso, tuttavia, l’accento grave si sottintende. In linea di massima, pur in assenza di un’accentazione esplicita, il suono aperto si verifica in sillabe chiuse, ovvero che terminano in consonante. Si tratta comunque di una regola con eccezioni.
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Ë |
ə |
Lettera Ë. Detta anche la Terza Vocale Piemontese. Da un brevissimo suono vocale assente in italiano, del tipo, ma più breve, della pronuncia inglese in sir e quasi come la e semimuta francese di recevoir. É un suono brevissimo, tanto breve da rendere impossibile capire a quale vocale darebbe orgine se venisse allungato (e per questo soggetto ad infinite sfumature locali e personali). In termini di durata e inarticolatezza può ricordare la lettera Å del danese. Ha la particolarità di raddoppiare il suono consonantico semplice che la segue, se la consonante che segue é singola ed in posizione intervocalica, creando così l’unico suono di doppia della lingua piemontese.
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O |
u |
Lettera O. Indica il suono U italiano. Quando é tonica e va accentata si scrive Ó.
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Ò |
o |
Lettera Ò. Si può leggere come la O italiana, per iniziare, ma per una corretta pronuncia le labbra andrebbero tenute più chiuse. É sempre un suono tonico, dunque può comparire una volta sola per parola, esclude la presenza di altri accenti e ha una durata maggiore rispetto alla O italiana non tonica.
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U |
y, u |
Lettera U. Da un suono che in italiano non c’é (la cosiddetta U piemontese o francese, oppure Ü tedesca), quando é tonica e va accentata si scrive Ù. Questo segno può anche indicare il suono U italiano, quando si trova dopo la lettera Q, oppure in dittonghi, trittonghi e gruppi vocalici, in posizione non tonica (cioé l'accento in pronuncia non cade sulla U).
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EU |
ø |
Dittongo EU. Da un suono vocale unico come nella parola francese e piemontese feu (fuoco), o nella Ö tedesca. Ha sempre valore tonico e dunque può comparire una sola volta per parola e non può coesistere con una Ò. Fanno eccezione a questa regola le parole
tutte avente la stessa radice, in cui il suono va pronunciato distinto in E-U, come in italiano.
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CC GG |
t͡ʃ, d͡ʒ |
Gruppi CC e GG. Si impiegano solo in fine di parola, e indicano una terminazione con suoni di C o G dolce. Non vanno mai pronunciati doppi, ma semplicemente interpretati come accorgimento grafico.
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J |
i |
Lettera J. Indica il suono consonantico J, come in Jolanda, in tutto e per tutto identico al suono della I italiana in ieri.
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N |
n, ŋ |
Lettera N. Indica un suono N italiano, e come questo in finale di parola o davanti ad altre consonanti può assumere una troncatura che lo rende foneticamente simile ad un suono N- non seguito da vocale.
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N- |
ŋ |
Lettera N-. Sebbene composta da due segni grafici si considera lettera singola. Indica un suono di N faucale simile alla finale del gerundio inglese speaking. Si trova sempre in posizione intervocalica e determina una breve sospensione del flusso sonoro, dal che la vocale che segue diviene semi-tonica, mentre sempre tonica é quella che lo precede. Una possibile eccezione é il cognome Bon-apart (Bonaparte), che tuttavia é a tutti gli effetti una parola composta. Come possibile analogia fonetica si può citare il fenomeno dello Støit danese.
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S |
s, z |
Lettera S. Indica un suono di S sorda (come in sole), a meno che non si trovi tra due vocali o in finale di parola, quando indica un suono di S sonora (come in rosa).
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SS |
s |
Gruppo SS. Indica un suono di S sorda (come in sole), e si impiega solo quando le regole di pronuncia del segno S rendano impossibile scrivere un segno S semplice per rendere il suono desiderato. Non va mai pronunciato doppio, ma semplicemente interpretato come accorgimento grafico.
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Z |
z |
Lettera Z. Indica il suono S sonora, come in casa, si impiega per indicare un suono dolce quando le normali regole di decodificazione del segno S lo farebbero suonare sordo. Equivale logicamente al gruppo SS, ma con funzione inversa.
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V |
v, u, w |
Lettera V. É decisamente la lettera più complessa dell’alfabeto piemontese, a causa della totale ambivalenza tra i suoni V e U che ci viene dal latino, e prima ancora dalle lingue indo-europee più arcaiche. Facendo una distinzione fonetica che é comunque piuttosto artificiosa rispetto alle realtà delle parlate locali (e spesso persino individuali), possiamo dire che il segno V piemontese implica:
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S-CI |
st͡ʃi |
Gruppi S-CI, S-CE. Si scrivono in questo modo per evidenziare come le due lettere S e C non si fondano nella SC italiana, ma indichino i due suoni separati di S sorda e C dolce.
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Testo di verifica
Verificate, e scoprirete che... avete imparato a leggere!
Vardé se adess i seve bon a lese sossì. Se i l'eve faila, a veul dì che dj’analfabeta i seve già pì nen, e la diferensa antra
- CÒL dla camisa ,
- COL che a së s-ciàira e
- CUL ëd la bota
adess i la seve ëdcò për ëscrit (che ant la vita i la conossìe motobin anans che iv lesèisse sossì).
Compliment e bon proseguiment!
J'acent
E adess ch'i l'oma pì gnun-a gena a lese an piemontèis, i pudoma andé anans a amprende le cite finësse ëd nòstra lenga scrita, an parland nòstra lenga. Ancaminoma da j'acent. Në spiegon pì complet e ciàir a peul trovesse ant la Gramàtica piemontèisa ëd Camillo Brero, ant ël Piemontese in tasca, soagnà da Francesco Rubat Borel, Mauro Tosco e Vera Bertolino, e an vàire àutri test d'arferiment.
Ëd régola, na paròla sensa gnun acent marcà as les con l'acent tònich:
- an sla dariera sìlaba s'a finiss an consonant (esempi: Piemont);
- an sla penùltima sìlaba s'a finiss për vocal (esempi: camisa).
L'acent ëd sòlit a l'é nen marcà an sle paròle ëd na sìlaba sola, gavà che për diferensieje da paròle omòfone (esempi: chiel a dà).
An tuti j'àutri cas l'acent a l'é ëd régola scrivù.
L'ecession pì dlicà a rësguarda ij ditongh:
- a venta scrive l'acent an sij ditongh dissendent an sìlaba tònica: fàit, pàuta, turinèis, sùita;
- a venta marché l'acent an sle paròle ch'a finisso an ia o ua (e derivà) cand sa sequensa vocàlica a fa nen ditongh e l'acent tònich a dròca an sla i o sla u: lëssìa, chërsùa;
- cand sa sequensa vocàlica final a fa ditongh e donca l'acent a dròca nen an sla i o sla u ma an sla sìlaba ch'a-i é prima, l'acent as marca nen: cassia, pëssia, Pasqua.
Noté che, gavà për le paròle ch'a finisso an ia o ua, an pràtica un a peul dovré la régola sì-dapress:
- cand la paròla a finiss con na consonant, buté l'acent gavà se cost-sì a dròca an sla dariera vocal;
- cand la paròla a finiss con na vocal, buté l'acent gavà se cost-sì a dròca an sla penùltima vocal.
J'artìcoj
An piemontèis j'artìcoj a son:
Artìcoj definì
- Masculin singolar: ël can, l' amis, lë student;
- Masculin plural: ij can, j' amis, jë student.
- Feminin singolar: la crava, l' avija;
- Feminin plural: le crave, j' avije.
A-i é peui na forma eufònica dl'artìcol feminin definì plural. I na pijoma d'amblé la descrission da n'artìcol ant la rubrica Precision e finësse ëd nòstra lenga publicà ant ël giornal Piemontèis ancheuj: [...] N'àutra finëssa ëd nòstra lenga a l'é cola che a ven a dovré (an certe posission drinta la frase) l'artìcol feminin plural je (e duverta pì che mesmuta) al pòst ëd le danans a le paròle che a comenso për s impura e dobia consonant (così coma a-i càpita al masculin). Parej as peul ëscrive: ant je stagere, an sje spale al pòst ëd ant le stagere, an sle spale, mentre as dev sempre dovré, coma soget, le stagere, le spale e via fòrt. A l'é giust fé noté che la forma je as dòvra nen quand che a fussa càusa 'd son cativ. Parej as dirà e a së scriverà a l'ha voltaje le spale e nen a l'ha voltaje je spale; as dirà e a së scriverà bauleje a le stèile e nen bauleje a je stèile [...]
Artìcoj indefinì
- Masculin: un can (përnonsia: ën can), n' amis, në student.
- Feminin: na crava, n' avija.
Al plural, l'artìcol indefinì a l'é rampiassà dal partitiv:
- ëd can, d' amis, dë student, ëd crave, d' avije.
Ël partitiv a peul esse compagnà da n'artìcol definì:
- dij can, dj' amis, djë student, dle crave, dj' avije.
Le preposission
An piemontèis le preposission prinsipaj a son: a, an, con, da, ëd, për, su, tra.
Cand n'artìcol a ven dapress a na preposission, dle vire ij doi a resto d'oget sintàtich separà: i vad da la sartòira.
D'àutre vire, as fondo an na forma particolar:
- a + ël = al
- a + ij = ai
- da + ël = dal
- da + l' = d'l', ma pì 'd soèns as ten dëstacà: da l'
- da + lë = d'lë, ma pì 'd soèns as ten dëstacà: da lë
- da + la = d'la, ma pì 'd soèns as ten dëstacà: da la
- da + ij = dai
- da + jë = d'jë, ma pì 'd soèns as ten dëstacà: da jë
- da + le = d'le, ma pì 'd soèns as ten dëstacà: da le
- ëd + ël = dël
- ëd + l' = dl' (opura as peul ten-e dëstacà: ëd l')
- ëd + lë = dlë (opura as peul ten-e dëstacà: ëd lë)
- ëd + la = dla (opura as peul ten-e dëstacà: ëd la)
- ëd + ij = dij
- ëd + jë = djë (opura as peul ten-e dëstacà: ëd jë)
- ëd + le = dle (opure as peul ten-e dëstacà: ëd le)
- su + ël = sël
- su + l' = sl'
- su + lë = slë
- su + la = sla
- su + ij = sij
- su + jë = sjë
- su + le = sle
Tutun, le preposission articolà ch'as formo con su a son ëscasi sempe gionzùe a la preposission an: an sël pra; an sla tàula; an sl'euv; an sij fium.
La preposission an, cand articolà, a dventa ant: an përzon, ma ant la përzon.
La preposission ëd a serv a formé ël partitiv; ël verb esse con soget partitiv a l'é al singolar: a-i é ëd përson-e.